La descrizione di un attimo

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Allora, vediamo se ricordo come si fa: accendo la lampada sopra la tastiera, sistemo il foglio Word ( tanto per essere più ordinati), Ariel 11, anzi 12, facciamo 13, abbondiamo è anche il mio numero. 
Ho i crampi alle dita, toccherà allenare anche loro in palestra, ma ora che mi sono deciso, non posso mollare. Ne varrà la pena, in realtà ancora non so cosa voglia raccontare, però so che ne varrà la pena. Caspita, come inizio sto andando alla grande: il 99% delle persone avrà già chiuso il post e starà facendo scorrere la pagina Instagram. Mamma, Giusy, so che voi siete ancora qui, grazie.
Ci riprovo, cerco di recuperare l'attenzione, “ Oh Bro leggi sto pezzo è una bomba... ”
Ho in mente quel Meme “ricorda, quando le cose vanno male... potrebbero andare peggio”. Ecco, meglio zittirmi.
Vorrei riportarvi tra queste righe, un tratto di vita reale, una storia come tante, tanto che potrebbe essere di chiunque; raccontare  gioie e  dolori che accomunano gli esseri umani e del diritto improprio ( il più delle volte ) di dispensare consigli a chi ci circonda, senza neanche sapere noi stessi come gestire il nostro di viaggio nel mondo. Momento banalità: ‹‹ La vita non è nient'altro che un viaggio, fatto di tappe, di incontri, rumori, odori, sapori, passaggi che ti portano nelle mangrovie o in porti sicuri ››. 
Amo conoscere i viaggi degli altri: cosa fanno, dove hanno voglia di andare, da dove sono venuti, il perché e il per come; mi piace ascoltare, ma questa è un altra storia. Se doveste incontrarmi per strada, vi inviterei ad evitarmi. 
Avete presente quel momento in cui tutto va bene, davvero tutto? Ora calzerebbe bene la classica risposta cinica e fredda del “ NO! ”. In realtà, in un dato periodo della mia vita stava andando tutto bene, stava accadendo sul serio. Riavvolgiamo il nastro. 
Venivo da anni che definire difficili sarebbe un eufemismo, a confronto la pandemia sarebbe stata un sorso di acqua di Lourdes, credo abbia reso l'idea. In quel momento, in quelle settimane in quei mesi, sembrava avessi i pianeti allineati o una qualche condizione astrale favorevole. Ci avevo messo del mio, tutto fluiva come in  una cascata, ogni tassello era al suo posto, o perlomeno così sembrava. Amavo andare a correre, lo facevo tutti i giorni, mi rilasciava una carica di adrenalina ed energia positiva indescrivibile. Mi sentivo in uno stato di grazia. Avevo iniziato un nuovo lavoro, a stento riuscivo a tenere i piedi a terra, mi sembrava di volare. Non mi ero mai sentito così bene. ( Alt, un momento, l'esperienza berlinese resta al primo posto come miglior periodo della mia vita, ricordiamolo al Michelangelo del 2045 che si ritroverà a leggere questo testo). Più andava bene il lavoro e sempre meno voglia avevo di fare il coyote in giro, mi mancava qualcosa. Nell’attesa che scoccasse una scintilla, mi inondò  un fuoco ,completamente travolto. Un fuoco dagli occhi verdi e capelli biondi ( eh raga non ci posso fare nulla, ho sempre avuto un debole per le bionde lo sapete), un KO tecnico. Stavo a letto  (non ricordo bene come sia accaduto), mi ero imbattuto in una chat "dormiente" ,l'ultimo messaggio risaliva a 5 anni prima. Le mando un “ ciao ” e pochi altri messaggi, concludendo con  "...magari ci risentiamo fra altri 5 anni". Invece dopo 5 minuti entrammo nel turbinio della messaggistica spasmodica. La distanza ci permise di guardarci negli occhi solo dopo qualche settimana: "ti amo", "anch'io ti amo". Iniziò tutto così. Nudi su un letto, all’apice dell'amore ci promettemmo che non ci saremmo mai lasciati: "se un giorno tu mi volessi lasciare, io non te lo permetterò. Supereremo ogni difficoltà, niente ci distruggerà" . Ingenui. Infatti di lì a poco iniziarono i problemi, quello che doveva essere un sogno, una favola, assumeva i connotati di una storia senza lieto fine. Gelosia, ossessione, possessività ,una miscela esplosiva. Avvolti da un cupo velo, la nostra aura non brillava più. Sputò sangue, versato litri di lacrime, lottato con tutte le forze, pur di rispettare quella promessa fatta tra le lenzuola; io non fui in grado di apprezzare i suoi sforzi. Ero uno zombie,un estraneo nella nostra relazione, ero spaesato. Forse quella fiamma travolgente era bruciata troppo in fretta. Non volevo e non potevo accettarlo.
Trascorsi molto tempo ad analizzare ogni cosa, partendo proprio da me. Avevo capito cosa dovevo fare; dovevo solo trovare il modo. Non era mai il momento giusto, mi nascondevo dietro scuse. C’era sempre un buon motivo per non mollare. Mentre mi ingannavo, passarono anni, sei anni per la precisione .Avevo sempre saputo la verità. Malgrado ci fossimo amati tanto ,malgrado gli attimi di felicità condivisi, l’ esplosione sarebbe avvenuta e ,come un vulcano che non si risvegliava da tanto tempo, ci sputammo veleno l’uno addosso all’altro. Era diventata una gara a chi faceva più male, che si tramutava allo stesso tempo in un farsi del male, ma ormai non aveva più senso fingere di stare bene. Non vado fiero del mio comportamento, nessuno merita parole tanto aspre e dure, me ne vergogno. Non mi perdonerò mai per questo. 
Non è stato facile staccarmi da lei, un dolce veleno che scorreva nelle vene di un corpo che aveva voglia di salvarsi. Mi sono salvato per fortuna, l’antidoto era davanti ai miei occhi: io ero il mio antidoto. 
Le nostre vite hanno ripreso a respirare. La rabbia è passata, non ci odiamo più.  Ora posso finalmente abbracciarla, guardarla negli occhi e dirle con tutto il cuore “TI VOGLIO BENE! ”.

Questa è una storia vera, è la storia di due ragazzi, è una storia d'amore. 

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